Montelovesco

CASTELLO DI MONTELOVESCO ED EREMO DI SANTA CECILIA EREMITA

Montelovesco è una potente fortezza eugubina verso Umbertide, un piccolo borgo su una strategica collina.
Il suo nome antico fu Castrum Montis Episcopi.
Il possesso del primo castello fu confermato a Gubbio dal Barbarossa (1163), da Enrico VI (1191) e da Ottone IV (1211).
Essendo situato nella zona “calda” del territorio di Gubbio, a sud-ovest, lungo il confine con la rivale Perugia, ebbe il compito di baluardo contro l’espansionismo perugino.
Nel 1217 durante una delle tante guerre di confine andò distrutto, a questo episodio forse si riferiscono i toponimi truci: “Col della Battaglia“, “Col de le Forche“.
A seguito dell’arbitrato di Pandolfo di Figura, tra i capitoli, viene imposto a Gubbio che il castello di Montis Episcopi non doveva essere più essere ricostruito.
Ma poco dopo la fortezza era già in piedi più altera e forte di prima; sembra che l’avesse ricostruita il vescovato di Gubbio: infatti da allora si chiamò Monte del Vescovo.
Nel 1259, a seguito dell’arbitrato di Tiberio di Ranaldo, a conclusione di altra guerra con Perugia, viene imposto che il castello di Montis Episcopi dovrà essere raso al suolo a spese del vincitore.
Ma il castello non venne abbattuto.
Divenne invece la residenza estiva del vescovo; nel 1310 un atto notarile fu stilato “in palatio Episcopi Eug. sito in castro Montis Episcopi“.
Nel 1282 il consiglio comunale decise di recuperare dal vescovo la giurisdizione su Montelovesco.
Nel 1326 il comune vi eleggeva il capitano di custodia e ciò fino al 1520.
Nel 1354, fuorusciti di Gubbio occuparono il castello, devastandolo.
Nel 1412 fu particolarmente attrezzato per la difesa dal Tartaglia.
Nel 1432 i 24 capifamiglia vennero tassati per la riparazione delle mura. La forma castri medievale è giunta fino a noi (sono visibili le mura perimetrali). Dentro le mura sono strette viuzze, il cassero, la Chiesa e alcuni palazzetti in pietra concia e laterizio del sec. XIV. Ben conservata la porta urbica, a sesto acuto, e le armille.
In genere il capitano del castello fu un ecclesiastico. Dopo il 1860 il paese fu staccato da Gubbio e unito al comune di Umbertide, oggi fa parte della frazione di Camporeggiano nel Comune di Gubbio.
 

Uso attuale

Il Castello è attualmente la sede di un eremo di Padre Romano Bottegal chiamato Santa Maria nel Silenzio
 

Fonti

http://www.santamarianelsilenzio.org/

P.L. Menichetti – Castelli,Palazzi fortificati, Fortilizi e Torri di Gubbio dal sec. XI al XIV Città di Castello 1979

EREMO DI SANTA CECILIA EREMITA

La piccola chiesa di Santa Cecilia Eremita, che sorge nella frazione di Montelovesco in un luogo isolato, carico di suggestioni e di silenzi, dove a metà del 1200 la giovane Cecilia aveva scelto di condurre vita eremitica e di preghiera, seguita poi da altre giovani.
È stata riedificata nel 1892 ed ingrandita nel 1924 ad opera di un proprietario della zona “compreso da zelo” per la santa la cui devozione, come ricorda don Romano Bambini per tanti anni parroco di Camporeggiano, è ancora oggi viva e diffusa in tutta la zona, nei comuni di Umbertide, Pietralunga, nello stesso capoluogo e perfino nelle località del lago Trasimeno.
Santa Cecilia eremita è invocata per le malattie dei bambini e specie contro le convulsioni.
Prima dell’ultima ristrutturazione, che ne ha rifatto il pavimento, al centro del tempio esisteva una buca che, secondo una secolare tradizione popolare, era il giaciglio della Santa e dove venivano messi a giacere i bambini, come ricorda il vescovo di Gubbio Ulderico Carpegna.
In occasione di una visita pastorale nel 1635 annota che esiste una buca al centro della chiesa e i fedeli di tutte le località vicine “vi portano creature piccole e le pongono in detta buca” dove le lasciano stare a dormire a lungo prima di riportarle a casa.
Una cerimonia che richiama l’antico rito pagano della “incubazione“, tipica dei templi dedicati a Esculapio, divinità protettrice dei malati.
In occasione della festa, oltre alle celebrazioni delle messe sia al mattino che al pomeriggio, si svolge la benedizione dei bambini, degli oggetti devozionali che si indossano (catenine, anelli, orologi, fedi) e dell’olio che i fedeli si portano dietro da casa da utilizzare, secondo la tradizione degli “olii sacri“, per ungere i malati.
Una fede ed una devozione confermate ancora oggi dagli oggetti e indumenti di bambini che vengono lasciati appesi dai genitori alla cancellata dell’ingresso.
Devozionale la visita alla nicchia sottostante la chiesa, scavata in una parete rocciosa dal torrente Mussino, per bere ed attingere acqua che sgorga da due piccole cavità ( le cosiddette “tazze“); si credono le impronte lasciate dalle mani delle Santa quando si appoggiava per bere. Anche l’acqua viene portata a casa per darla ai malati.

DA NON PERDERE IN ZONA NEI PRESSI DELL’EREMO DI SANTA CECILIA…

Le Tazze al Mussino

Le Tazze al Mussino, seguendo la segnaletica in legno, si scende per almeno 10 minuti fino al sottostsante torrente, appunto Mussino, percorso un po impervio, ma niente che non si faccia bene. Per la risalita occorre circa 25 minuti con pendenza anche del 15%.

Non lontano da Perugia, in una forra affascinante rumoreggia il torrente Mussino. Cascate, gorghi, salti di sasso in sasso, fino al sacrificio finale per unire le sue acque a quelle del Tevere, nei pressi di Pierantonio. Ma non è tutto, vicino alle sue sorgenti, in un incantevole gioco di rivoli, le “Tazze del Mussino” invitano l’escursionista a salire poi verso il piccolo ma suggestivo Santuario di Santa Cecilia dove una preghiera esce anche dall’anima più restia. Lassù, dopo circa due ore di piacevole escursione ci attenderanno alcuni amici “Devoti alla Santa” per offrirci una semplice ma graditissima merenda, prima di intraprendere il cammino del ritorno. Cecilia risulta connotata da una serie di elementi che sono tipici di tante figure – soprattutto femminili – caratterizzate da elevato misticismo, capacità di veggenza e di ottenimento di guarigioni fisiche e spirituali per la loro intercessione presso Dio. Elemento principale comune anche ad altre figure è l’acqua sorgiva: a Montelovesco si scende, come un “fioretto”, lungo l’accidentato percorso che porta alle “tazze” – delle coppe scavate nella pietra e che la tradizione attribuisce all’intervento della santa allo scopo di raccogliere l’acqua – e all’insenatura a forma di vasca sotto una cascatella dove la santa si bagnava. Si utilizza quest’acqua, devotamente, come terapia: si beve, ci si bagnano gli arti doloranti, si porta ai malati. L’acqua è quella del torrente Mussino che nasce poco distante e che, infine, confluisce nel Tevere. Impronte delle ginocchia della santa e della sua capretta si possono individuare nel catino roccioso dove andava a lavarsi o sul soffitto della grotta, scavata nello scoglio, in cui Cecilia avrebbe trascorso la sua vita eremitica, lasciandovi le tracce del corpo dormiente rimaste sempre intatte.

Fonte luoghidelsilenzio.it