Camporeggiano

l paese si trova lungo la strada statale SS 219 Pian d’Assino che da Umbertide porta a Gubbio (circa 18 km a est), percorrendo la valle solcata dal torrente Assino. Si trova a 316 m s.l.m.. Sulla piccola altura chiamata Monte Cavallo si intravedono i ruderi dell’omonimo castello raso al suolo nel 1350 per ritorsione dal tiranno di Gubbio Giovanni di Cantuccio Gabrielli, Secondo l’Istat, nel 2001, gli abitanti erano 51 .

Coordinate43°20′37″N 12°25′19″E
Altitudine316 m s.l.m.
Abitanti51 (2001)
fonte wikipedia

STORIA

Il toponimo sembra nascere dal termine regghia, che indica un’insenatura o un crepaccio; una seconda ipotesi, meno probabile, lo fa discendere dal latino Campus Regis, con riferimento ai possedimenti dei signori locali, i Gabrielli.

Le prime costruzioni risalgono al VI secolo, e consistono di alcune torri difensive (monte Cavallo, Sant’Angelo, Castello di Aria, Goregge, Castiglione) poste lungo il corridoio Bizantino, una via che portava da Roma a Ravenna al tempo dei longobardi.

Attorno a quella di monte Cavallo sorse la pieve di Agnano, un castello fortificato che era feudo dei Gabrielli già agli inizi del X secolo.

Nel 1057 giunse in visita al castello san Pier Damiani, che a Fonte Avellana aveva come discepolo il piccolo Rodolfo Gabrielli: egli ottenne in dono da Rozia Gabrielli, madre di Rodolfo, il maniero e le terre circostanti, con la promessa di costruire un monastero dedicato all’apostolo san Bartolomeo.

Già nel 1058 un gruppo di monaci (anche abili muratori) si trasferì nel nascente nuovo monastero, con un seguito di maestranze. Essi si prodigarono per migliorare il borgo: costruirono un ponte sull’Assino, ingrandirono un molino ed una fornace, fondarono una vetreria, aprirono un ospedale per i pellegrini.

Giovanni Gabrielli, fratello di Rodolfo e antico proprietario dei luoghi, fattosi monaco a Fonte Avellana, vi tornò come abate: i suoi possedimenti si estesero alle vicine Montone, Umbertide e Città di Castello.

Su richiesta di Rodolfo Gabrielli, nel frattempo nominato vescovo di Gubbio, il papa Alessandro II sottrasse nel 1063 l’abbazia alla giurisdizione episcopale eugubina, e la pose sotto la diretta protezione della Santa Sede.

Fino all’inizio del XVIII secolo vi stanziarono gli olivetani, dopo che l’originale gruppo di monaci, dipendenti da Fonte Avellana, venne sciolto nel 1417, mentre poi passò al monastero benedettino di San Pietro di Gubbio.

Nel 1860 l’abbazia e le sue terre vennero demaniate e vendute a proprietari privati.

Recenti lavori di restauro hanno riportato alla luce la cripta, nella quale sono stati ritrovati anche resti di corpi umani.

Gian Franco Venè per il volume “Mille lire al mese. Vita quotidiana degli italiani durante il fascismo”, mette “La febbre spagnola”, libro di memorie di Aurelio Presciutti di Camporeggiano, Il Candelaio edizioni, Firenze 1988, tra i libri più utilizzati per far rivivere “la vita realmente vissuta dalla maggioranza del popolo italiano durante la dittatura fascista”. La fine della mezzadria colpisce particolarmente il piccolo borgo per quanto riguarda il numero di abitanti: nel 1951 i residenti erano 917 contro i 51 del 2001[4]

Camporeggiano faceva parte della tratta ferroviaria “Ferrovia Appennino Centrale” a scartamento ridotto in funzione dal 1866 fino al 1944 come stazione situata al chilometro 95 da Arezzo.

ECONOMIA E MANIFESTAZIONI

Lungo il pian d’Assino funzionava fino all’inizio del XX secolo la Ferrovia Appennino Centrale, che collegava Arezzo a Fossato di Vico  e a Camporeggiano aveva la sua stazione ferroviaria.

SPORT

Le strade sterrate che circondano i monti di Camporeggiano sono state più volte utilizzate per ospitare eventi automobilistici sportivi, come ad esempio alcune tappe del Rally di Sanremo (campionato mondiale rally) e del campionato italiano rally.

MONUMENTI E LUOGHI DI INTERESSE

  • Torre di Monte Cavallo (VI secolo)
  • Abbazia di S. Bartolomeo (XI secolo), a tre navate con presbiterio sopraelevato e cripta dotata di colonne romane
  • Ruderi del castello dei Gabrielli (X secolo)

CASTELLO DI CAMPOREGGIANO

Chi procedendo per la statale Pian d’Assino, giunto a Camporeggiano volge lo sguardo a sinistra, in alto, è attratto dai ruderi di un grosso castello; il castello di Camporeggiano detto anche di Monte Cavallo, dal monte su cui sorgeva.
Il toponimo sembra nascere dal termine regghia, che indica un’insenatura o un crepaccio; una seconda ipotesi, meno probabile, lo fa discendere dal latino Campus Regis, con riferimento ai possedimenti dei signori locali, i Gabrielli.
Il castello nacque su precedenti costruzioni risalenti al VI secolo, che consistevano in torri difensive (monte Cavallo, Sant’Angelo, Castello di Aria, Goregge, Castiglione) poste lungo il corridoio Bizantino, una via che portava da Roma a Ravenna al tempo dei longobardi
A dimostrazione dell’antica possanza del maniero, resta uno spesso muro che ancora, benché attraversato da una vasta fenditura, regge all’inclemenza dei tempi.
E’ uno dei più antichi castelli del territorio di Gubbio, in un documento del marzo del 1057 i fratelli Petrus, Johannes, Rodulfus e la loro madre Rocia, ( Rodolfo Gabrielli era già discepolo di San Pier Damiani) donano al priore dell’eremo di S. Croce di Fonte Avellana (lo stesso San Pier Damiani ), “la villa de Camporiano, e i loro beni in fundo Stirpito, Pirito, Valle de lo Cavallo, in Galete, in Baronia, in Valle Calinicae, in Cutiano, in Plusiano, in le Sibrage, in Faulo..“.
Così il maniero e le terre circostanti, passarono sotto il controllo dell’Abbazia con la promessa di costruire un monastero dedicato all’apostolo San Bartolomeo.
Già l’anno dopo un gruppo di monaci (anche abili muratori) si trasferì nel nascente nuovo monastero, con un seguito di maestranze. Essi si prodigarono per migliorare il borgo: costruirono un ponte sull’Assino, ingrandirono un molino ed una fornace, fondarono una vetreria, aprirono un ospedale per i pellegrini.
Giovanni Gabrielli, fratello di Rodolfo e antico proprietario dei luoghi, a sua volta si fece monaco a Fonte Avellana, e successivamente fu trasferito all’Abbazia di San Bartolomeo di Camporeggiano ( suo vecchio possedimento ) con l’incarico di abate, mentre suo fratello Rodolfo nel frattempo era diventato vescovo di Gubbio.
Papa Innocenzo II, il 24 maggio1139, a istanza di Benedetto priore e dei suoi monaci, conferma all’eremo di S. Croce di Fonte Avellana i suoi diritti e possessi, tra cui: “Monasterium Sancti Bartolomei de Camporegiano cum castris atque ecclesiis, villulis omnibusque pertinentiis suis.”.
In un atto emesso dal Consiglio Comunale datato 23 luglio 1326 concernente un’ordinanza “per gli uomini dei castelli di Monte Episcopi e Campiregii “ troviamo il castello alle dipendenze del Comune di Gubbio, che lo dota di un capitano e notaio.
Nel 1350, Il castello di Camporeggiano e altri, tra i quali quelli di Cantiano, Pergola, Montesecco, Serra Partucci, Agnana, Carbonana si ribellano a Gubbio il cui comune era finito nelle mani di Cantuccio Gabrielli divenuto nello stesso anno tiranno della città.
Cantuccio lotta contro Giovanni della Serra, che, assediato nel castello di Agnana, viene catturato e decapitato. Il castello di Camporeggiano per ritorsione alla sua ribellione viene raso al suolo.
 

Aspetto attuale

Ad oggi del castello non restano che ruderi e brandelli di mura che si notano in mezzo al bosco sulla collina che sovrasta l’abbazia di Camporeggiano.

ABBAZIA DI SAN BARTOLOMEO

A circa diciotto chilometri da Gubbio, sulla ss 219, si incontra la frazione di Camporeggiano, situata ai piedi di una piccola altura, vocabolo di Monte Cavallo, in cima alla quale si intravedono i ruderi del castello già dimora feudale della nobile famiglia Gabrielli.
Il castello era sorto attorno all’antica torre nel VI o VII secolo costruita a guardia della valle che faceva parte del famoso “Corridoio Bizantino” che univa Roma a Ravenna al tempo dei Longobardi.
Nel marzo 1007 Pietro, Giovanni, Rodolfo e la madre Rocia Gabrielli donarono a Pietro Damiani, priore dell’eremo di S. Croce di Fonte Avellana e ai suoi successori, dopo aver liberato gli schiavi e i servi della gleba, l’intera proprietà costituita dal castello di Montecavallo, dalla “villa” di Carnporeggiano con la chiesa esistente e numerosi appezzamenti di terra; unica condizione la erezione di un monastero in onore dell’apostolo S. Bartolomeo.
L’Abbazia intitolata proprio a quel santo venne edificata in breve tempo: l’anno successivo (1058), infatti, un gruppo di monaci di Fonte Avellana, con al seguito servi, maestranze e specifiche attrezzature, si trasferì nella zona per dar inizio all’edificazione della “sacra fabbrica”.
Primo abate del Monastero (la cui costruzione si vuole terminata nel 1067) fu Giovanni Gabriell, mentre i fratelli Rodolfo e Pietro si ritirarono nel monastero di Fonte Avellana.
Non si sa se il monastero venne edificato ex novo o su di una struttura già esistente.
Intanto “Rodolfo e Pietro cominciarono a praticare la vita eremitica con una tale severità ed assiduità che ben presto si sparse la fama della loro santità. Il loro modo di vivere veramente eccezionale e insolito faceva si che fossero di esempio di vita religiosa ed eremitica per tutti i loro confratelli” (Lettera di S. Pier Damiani ad Alessandro II).
Rodolfo poi eccelleva oltre che per santità anche per dottrina tanto che a lui S. Pier Damiani affidava la correzione dei suoi opuscoli con piena fiducia.
Avendo il santo dottore l’alta vigilanza sulla diocesi di Gubbio, ne propose Rodolfo come vescovo, benché non ancora trentenne e, nella lettera citata, ci riferisce che “Rodolfo, pur essendo promosso alla dignità vescovile, non tralasciò di praticare nel governo della Chiesa Eugubina quanto aveva appreso all’eremo. Assiduo nel predicare e nell’ammonire non badava a sacrifici e a disagi. Tutto ciò che gli riusciva di risparmiare sulle spese domestiche lo impiegava completamente nell’alleviare le miserie dei poveri. Radunava ogni anno il Sinodo; non voleva però che in tale occasione i sacerdoti gli portassero le tasse e i contributi a lui dovuti”. Ancor giovane ma stremato dalle fatiche e dalle penitenze moriva nell’anno 1064. “Ero partito da poco da Roma e avevo appena raggiunto le mura di Firenze – scrive il Damiani – quando mi giunse la notizia che cambiò per me la luce del mezzogiorno in oscure tenebre e riempi le mie viscere di amaro fiele: era morto il Vescovo di Gubbio”.
Detto monastero conobbe subito un notevole sviluppo, e l’Abbazia ricca di possedimenti, tanto che le proprietà si estendevano nei comuni di Montone, Città di Castello e Umbertide.
In conseguenza a ciò, il 25 gennaio 1063 intervenne papa Alessandro II: il Monastero fu sottomesso alla Santa Sede e, dopo aver giurato fedeltà all’Abbazia di Fonte Avellana, fu esentato da ogni giurisdizione “a caritate eremi Fontis Avellanae non recedat”.
Unito nel 1419 al monastero di San Pietro di Gubbio, nel 1505 fu ceduto alla congregazione degli olivetani, di cui, fonti storiche, ci dicono che istallarono anche una” vetriera” in uno degli edifici circostanti, verso la fine del 1700.
Anticamente, annesso all’abbazia, vi era anche un piccolo ospedale a testimonianza del fatto che la strada in cui esso sorgeva era transitata da numerosi pellegrini.
Nel 1860, in conseguenza alla deleteria “Soppressione Italica” (legge “Pepoli”), il Monastero e tutti i suoi possessi furono demaniati e venduti a privati.
 

Modifiche architettoniche

In epoca imprecisata, la chiesa abbaziale subì un complessivo rifacimento, che ne modificò sostanzialmente l’aspetto. Ciò può essere dedotto da una certa difformità nel rivestimento murario delle pareti, dalla posizione della facciata e dalla non corrispondenza tra la zona presbiteriale della cripta e quella della chiesa superiore.
Recentemente l’edificio ha subito un accurato intervento di restauro, che ha cercato di ridonargli il primitivo splendore.
 

Aspetto Attuale

Oggi la chiesa e’ sede della parrocchia di S. Bartolomeo; in puro stile romanico, presenta la pianta basilicale costituita da tre navate con presbiterio sopraelevato e sottostante cripta cui si accede per due scalinate laterali. Sono riferibili all’edificio romanico originario le arcate, i pilastri e la cripta.
La chiesa è caratterizzata da una pianta ad aula basilicale, con la facciata arretrata all’inizio della seconda campata.
La prima campata sorregge la tettoia che funge da porticato.
L’interno, suddiviso in tre navate, vede una copertura a capriate lignee.
L’abside è semicircolare e la zona presbiteriale è rialzata per ospitare la sottostante cripta.
Quest’ultima risulta divisa in tre navate di due campate ciascuna, che si sviluppano su una pianta rettangolare. La copertura è a crociera, sorretta da tre antiche colonne di recupero con degli insoliti capitelli troncopiramidali rovesciati del sec. XI e si conclude in tre absidi semicircolari.
L’austero torrione campanario è stato distrutto dopo la Seconda Guerra Mondiale.
 

Bibliografia

Liberamante tratto da http://www.sanfrancesco.com
Abbazie Benedettine in Umbria di Francesco Guarino e Alberto Melelli edizione Quattroemme

http://www.cittadeltevere.it/

Fonti documentative

P. L. Menichetti – Castelli, Palazzi fortificati, Fortilizi, Torri di Gubbio dal secolo XI al XIV- Città di Castello 1979

http://it.wikipedia.org/