Cenni Storici

GUBBIO NELLA STORIA

Gubbio è una delle cittadine umbre dalla storia più antica e affascinante. Le vicende storiche che l’hanno vista protagonista sono state davvero innumerevoli e molte sono le tracce che dal passato sono giunte fino ai giorni nostri. Nonostante però le alterne vicende, sembra che tutto sia rimasto intatto come lo era nei tempi passati, in epoca medievale.

Un senso di preservazione domina forte lo spirito dell’eugubino, così amante della sua terra, dunque così attaccato alle radici storiche. Chi ha conosciuto Gubbio 50 anni fa può ben notare come poco sia da allora cambiato: architettura, paesaggio, tradizioni, gente e mentalità sono sempre le stesse. Questa è senz’altro una delle caratteristiche più distintive che, in relazione al tempo che passa, fa di Gubbio una perla sempre più rara e perciò preziosa.

La posizione geografica, una conca che circondata da monti non è così semplice da raggiungere, ha indubbiamente accentuato questa dimensione di atemporalità. Gubbio sorge ai piedi del Monte Ingino, che l’eugubino più comunemente chiama “Colle Eletto”, poiché sulla sua sommità si erge la Basilica di Sant’Ubaldo, vescovo patrono della città.   

Epoca preistorica e la civiltà degli Umbri

Le origini di Gubbio risalgono fino all’epoca preistorica; il ritrovamento di ceramiche cotte davanti il fuoco, di asce e di altre armi in pietra, così come la presenza di numerose caverne sui fianchi del monte dimostrano la presenza di numerosi insediamenti preistorici, dovuti per certo all’abbondante presenza di acque che rendevano questa terra  molto rigogliosa.

È da questa lontana epoca che giunge la testimonianza di un popolo antico che si insediò in questa terra: il popolo degli Umbri. Gubbio divenne uno dei centri politico-religiosi più importanti dell’antica Umbria e ciò è testimoniato dalle Tavole Eugubine, un reperto storico di fondamentale importanza attualmente custodito nel Palazzo dei Consoli, edificio che più di ogni altro rappresenta lo splendore che il Comune di Gubbio conobbe nell’epoca dei Comuni.

Si tratta di 7 tavole di bronzo: 4 di esse e parte della quinta sono scritte in alfabeto umbro con elementi di lingua etrusca; le altre riportano l’alfabeto latino adattato alla lingua umbra. Esse costituiscono un documento fondamentale per lo studio della Gubbio antica (Ikuvium) non solo dal punto di vista storico e religioso, ma anche linguistico. In esse si trovano riferimenti alle cerimonie religiose che gli antichi Umbri solevano svolgere nella città-stato di Ikuvium.

Epoca romana

Nell’epoca successiva, quando in seguito alla loro espansione, gli Etruschi, coalizzati ai Sanniti, Galli, Umbri, entrarono in guerra con Roma, Gubbio rimase sempre neutrale e per tale decisione essa venne apprezzata particolarmente da Roma, che la fece sua alleata non per vincoli di schiavitù, ma per “giustissimo e santissimo patto” (Cicerone). In epoca romana Gubbio conobbe un periodo di grande fermento e a testimonianza di ciò vi sono mosaici, ruderi di templi, ponti, ma più di tutti, il mausoleo romano ed il teatro romano.

Le invasioni barbariche

La storia di Gubbio è davvero antichissima e si intreccia, seppur marginalmente, alle vicende che hanno interessato l’evoluzione della penisola italiana. La florida Gubbio purtroppo dovette affrontare anche un periodo buio: fu prima annientata da Totila e dal suo esercito e successivamente, con l’invasione dei Longobardi, divenne soggetta per lungo tempo agli Esarchi di Ravenna. Da quel momento iniziò un cammino lungo durante il quale Gubbio non avrebbe più fatto parte dell’Umbria fino al 1860, anno che sancisce l’Unità d’Italia.

Gubbio nel Medioevo

Fu però intorno all’anno 1000 che Gubbio finalmente potè iniziare una nuova vita. Il feudalesimo ebbe grande sviluppo in Umbria e Gubbio stessa si costituì libero Comune. Un rinnovato senso di libertà pervadeva il popolo eugubino. In questo periodo si distinse per la sua moralità e grandezza spirituale il vescovo Ubaldo Baldassini,  una figura assai cara all’eugubino. Nato a Gubbio nel 1085, venne nominato vescovo della sua città nel 1128 e fu proclamato santo dal Sommo Pontefice Celestino III il 5 marzo del 1192. Fu proprio sotto la guida di S. Ubaldo che Gubbio seppe risorgere dalle ceneri di un vastissimo incendio (1127); egli fu la guida spirituale che diede al popolo eugubino la forza di ricostruire la propria città. Egli inoltre seppe dare ai suoi fedeli non solo il sostegno morale, ma anche strategico: in una prima occasione grazie ai suoi piani di guerra Gubbio fu in grado di sconfiggere undici città alleate guidate da Perugia (battaglia del 1151), mentre in una seconda occasione fu grazie al suo temperamento saldo, chiaro, ma al contempo umile che il Barbarossa decise di risparmiare Gubbio dalle sue predazioni. Il 16 maggio del 1160 egli morì, ma da allora la venerazione che il popolo eugubino nutre per lui non è mai cambiata. In suo onore è sorta la festa dei Ceri  che ogni anno, il 15 maggio (vigilia della festa vera e propria), vede la cittadina medievale trasformarsi in un giubilo di colori, canti e balli.

Dal 1200 in avanti iniziò per Gubbio un periodo di massimo splendore che potè continuare sino alla prima metà del 1300, quando la città vide uno sviluppo demografico particolarmente significativo che arrivò a toccare i 50 mila abitanti. In questo arco di tempo sorsero i palazzi più importanti, simbolo della nuova epoca in cui Gubbio era entrata, che tutt’oggi possono essere ammirati in tutta la loro grandezza: la Cattedrale, il Palazzo dei Consoli, sede del console difensore della città, ed il Palazzo del Pretorio (o del Podestà), ove il podestà esercitava il suo potere legiferante. 

Il senso di libertà e splendore che a fatica la città si era costruita non sarebbe durato però ancora a lungo: il Comune infatti, minacciato della carestia, fu costretto controvoglia a cedersi ai Montefeltro, signori di Urbino. Per quanto Gubbio avesse perso la propria indipendenza, se non altro il periodo che ne conseguì si rivelò essere molto intenso e prolifico da un punto di vista civile ed artistico. Sono note a tutti le qualità umanistiche del duca Federico da Montefeltro; egli fece costruire il Palazzo Ducale, ad imitazione di quello maggiore ad Urbino, città colta e umanista per eccellenza, e seppe dare slancio alle libere arti.

Molto del patrimonio artistico di Gubbio e delle tradizioni artigiane sono strettamente legate all’epoca dei Montefeltro; l’arte della ceramica, la lavorazione del ferro battuto e del legno sono tutte espressioni artistiche di un rinnovato fermento culturale.

Gubbio continuò a far parte dello Stato di Urbino anche quando il ducato passò dai Montefeltro alla famiglia dei Della Rovere e, quando anche quest’ultima dinastia si estinse, la città venne annessa allo Stato della Chiesa.

Non fu questo un momento positivo per Gubbio che culturalmente si spense. L’epoca delle botteghe era finita e ogni espressione artistica maggiore era richiesta presso la corte del papa.

Solo nell’800 con la fine del frazionamento territoriale e politico dell’Italia e con il ritorno definitivo all’Umbria Gubbio fu finalmente in grado di riprendere il proprio cammino, concentrando tutte le energie su se stessa.

Da allora Gubbio si è andata rafforzando sempre di più, mai dimentica dell’incredibile patrimonio storico, artistico e culturale. Insieme alla Festa dei Ceri, molte altre sono le tradizioni che la città ha voluto difendere e che oggi, insieme all’espressioni artistiche ancora sapientemente tramandate di generazione in generazione, fanno di Gubbio un gioiello da visitare assolutamente.

San Francesco a Gubbio

La città di Gubbio è strettamente legata alla storia di san Francesco, in particolar modo a un evento della sua vita citato nel XXI capitolo dei Fioretti di san Francesco, cioè l’incontro con il “lupo” avvenuto nei pressi della chiesa di Santa Maria della Vittoria, detta della Vittorina; l’episodio miracoloso è uno dei più conosciuti al mondo e sulla veridicità storica si è dibattuto a lungo: è possibile che il lupo, o la lupa, sia metafora di un bandito riconciliato con la città da Francesco, ma molti studiosi parlano di un animale vero.

Scrivono le fonti francescane: “Francesco gli fa il segno della santissima croce, e chiamollo a sé e disse così «Vieni qui, frate lupo, io ti comando dalla parte di Cristo che tu non facci male né a me né a persona». Mirabile cosa a dire! Immantanente che santo Francesco ebbe fatta la croce, il lupo terribile chiuse la bocca e ristette di correre; e fatto il comandamento, venne mansuetamente come agnello, e gittossi alli piedi di santo Francesco a giacere.”

A Gubbio, Francesco si rifugiò dopo essersi allontanato da Assisi, trovando asilo presso la famiglia degli Spadalonga, e proprio qui avvenne la vera conversione, in quanto l’aver vissuto insieme ai poveri e ai lebbrosi del posto cambiò radicalmente la sua vita. Proprio per questo motivo, la città è attraversata da diversi sentieri percorsi ogni anno da migliaia di pellegrini, tutti nel nome del santo. Uno di questi è chiamato il cammino di Assisi.

Libero comune

Ceduta alla Chiesa con le donazioni di Pipino il Breve e Carlo Magno, la città, pur assoggettata ai vescovi, si costituì in Libero comune di fazione ghibellina e, nell’XI secolo, iniziò una politica espansionistica. Distrutta Luceoli, posta sulla via Flaminia nei pressi dell’odierna Cantiano, il suo vasto territorio fu inglobato in quello eugubino e, in posizione più strategica, fu fondata Pergola (poi città autonoma dal 1752). La creazione di Pergola fu considerata pericolosa dalla vicina città di Cagli, che già si sentiva minacciata da Gubbio, in quanto gli eugubini avevano ottenuto la concessione imperiale sullo strategico castello di Cantiano, controllando di fatto, agevolmente, i collegamenti sulla via Flaminia; ne nacquero una serie di scontri che coinvolsero, in forza delle alleanze promosse dai cagliesi, anche Perugia. Le continue guerre di confine portarono Gubbio ad avere più di cento castelli sotto il suo dominio ma, nello stesso tempo, ad entrare in forte conflitto con Perugia, allarmata dal suo espansionismo.

Nel 1151 undici città confederate, capeggiate da Perugia, attaccarono Gubbio con l’intento di spazzarla via. La città resse all’urto e il seguente contrattacco portò ad una schiacciante vittoria degli assediati. L’evento fu attribuito all’intervento ritenuto miracoloso di sant’Ubaldo (1080-1160), allora vescovo della città. La potenza militare e commerciale che Gubbio andava sempre più ostentando portò ad altri scontri con Perugia, finché nel 1257 i perugini occuparono parte dei territori eugubini, che furono poi restituiti con il trattato di pace del 1273.

Nel X secolo Gubbio prosperò in pace, crescendo dal punto di vista sia urbanistico, sia economico, sia demografico. Nel 1263, i guelfi presero il potere, che detennero fino al 1350 tranne brevi parentesi, come quando, nel 1300, Gubbio fu occupata dalle truppe ghibelline del conte di Ghiacciolo (Uberto Malatesta) e di Uguccione della Faggiola. Infine, caduta sotto la signoria di Giovanni Gabrielli, nel 1354 fu assediata ed espugnata dal cardinale Albornoz, legato pontificio, che l’assoggettò alla Chiesa concedendo, però, alla città gli antichi privilegi e statuti propri. La pace fu di breve durata poiché il governo pontificio non mantenne le promesse fatte dal cardinale Albornoz: gli eugubini nel 1376 insorsero e instaurarono un autogoverno. La forza dei cittadini veniva dalle loro organizzazioni, le Corporazioni delle Arti, tra le quali quella dei Fabbri fu la madre di tutte le altre in quanto forniva «gli utensili necessari a tante altre»: falegnami, contadini, muratori e lapicidi, artigiani della lana, calzolai, barbieri, macellai, mobilità. Il Breve dei Fabbri di Gubbio (1346) è il più antico dell’Alta Umbria e l’unico consultabile in originale.

Pochi anni dopo, nel 1381, il vescovo Gabriello Gabrielli, appoggiato dal papa, si autoproclamò signore di Agobbio, nome medioevale di Gubbio, provocando la ribellione dei cittadini che, ridotti alla fame, nel 1384 si levarono in armi contro il vescovo. Impossibilitati a resistere al battagliero vescovo, che non voleva perdere il dominio sulla città, gli eugubini si “consegnarono” spontaneamente ai Montefeltro, duchi di Urbino, perdendo così il titolo di libero comune, ma ottenendo un lungo periodo di tranquillità. I Montefeltro, signori amanti dell’arte, restituirono a Gubbio i privilegi e gli ordinamenti civili, la città tornò così a fiorire culturalmente e artisticamente; in quel periodo fu ricostruito il Palazzo dei Consoli. Salvo brevi interruzioni per le signorie dei Malatesta e di Cesare Borgia, la città rimase ai Montefeltro fino al 1508 quando subentrarono, nel dominio della città, i Della Rovere, che lo tennero fino al 1631 quando, con la morte di Francesco Maria II Della Rovere, ultimo erede della casata, tutti i beni e tutti i feudi passarono, come da volontà testamentaria, allo stato pontificio.

Il Regno d’Italia

Nel 1860 Gubbio fu annessa al Regno d’Italia e, per effetto del decreto Minghetti, il 22 dicembre 1860 fu distaccata dalle Marche e aggregata all’Umbria, distaccandola dalla Delegazione apostolica di Urbino e Pesaro e aggregandola alla neo-costituita Provincia di Perugia.

A seguito della depressione economica del 1873-1895, conseguente alla crisi agraria che si ebbe in Italia verso il 1880, numerosi abitanti emigrarono alla ricerca di lavoro e migliori condizioni di vita. Tale fenomeno è continuato per circa un secolo, in varie ondate condizionate dalla prima e dalla seconda guerra mondiale, per esaurirsi negli anni settanta. Le mete furono essenzialmente i paesi europei, quali ad esempio Lussemburgo, Francia, Belgio, Svizzera, Germania, i paesi dell’America del Nord (Canada e Stati Uniti) e dell’America del Sud (Argentina e Brasile), e anche Sudafrica e Australia.

Durante la seconda guerra mondiale, il 22 giugno 1944, a seguito dell’assassinio di un ufficiale medico germanico e del ferimento di un altro in un bar cittadino, i tedeschi attuarono una feroce rappresaglia, rastrellando e successivamente trucidando, a colpi di mitragliatrice, 40 cittadini innocenti, nei pressi della chiesa della Madonna del Prato, dove oggi un mausoleo ricorda i “40 martiri”. Inoltre, per circa trenta giorni, fino al 25 luglio 1944, giorno della liberazione, la città fu duramente bombardata dalle artiglierie tedesche che, dai monti circostanti, battevano la vallata per contrastare l’avanzata delle truppe di liberazione. (fonte Wikipedia).